Il gusto di pg 
mostra NOW - NO ONE WAY 24 giugno – 2 luglio Antichi Forni, Macerata
sezione GUSTO, opere di pg
di Marta Silenzi

È un patto segreto tra gli aromi, un accordo clandestino, una congiura di sapori inscenata per via di spatola e pennello ai danni del fruitore che, incauto lungo un percorso sensoriale ad alta possibilità di combustione, cade irretito nel calderone saporoso e tonale del ‘gusto’ come lo sente pg. 


L’ondata sapida parte dalle labbra, sulla lingua, e si scioglie attorno alle papille gustative che crescono come fiammelle nutrite di tinte e gradazioni cibarie, si diramano in succose paste alte a trattenere il piacere culinario dentro cavità, discese e avvallamenti materici, in un grumo rosso ciliegia, lungo una scia dorata di sciroppo d’acero nello spazio quadruplicato del supporto. L’andirivieni della degustazione è una tortura estatica cui corrisponde l’agitazione della superficie tesa a cogliere miriadi di successioni tonali, tante quante sono le possibili variazioni di sapore durante la masticazione, fino all’atto eccelso e conclusivo del deglutire. 


Ad un ipotetico desco bianco, cui si accede da una porta che è l’ingresso surreale per l’ambiente del sapore, dentro stoviglie e bricchi immacolati – come fossero contenitori neutri e cerosi di un variopinto contenuto – s’infiamma l’universo culinario, distinto in picchi densi e sostanziosi, furie inebrianti, vapori, atmosfere che fanno del gusto un senso privilegiato, composto in percentuali anche da tutti gli altri: scortato dalla vista invogliante, spezzato dalle mani che portano il cibo alla bocca, legato indissolubilmente ai profumi, agli odori e capace di provocare squilli e tintinnii nelle orecchie fino ad arrivare al cervello, nel capriccio di un’apoteosi sensoriale. 


Il tema intrinseco dell’eros, dell’afrodisiaco è associato alle gustosità saline, nella veste infuocata e danzante di aragoste afrodite, il cui corpo di crostaceo è appena accennato in un angolo del massoso ciclone informale che è la costante scelta base della pittrice; le due versioni mostrano il corposo interno bianco del pesce reale a contrasto con la scocca lucida e attraente, a restituire morbidezze interne e scabrosità esteriori del più semplice e prezioso dei sapori marini.


Sul lato opposto del focoso artropode, pg allunga una discesa di sale (acquatico) dal carattere lunare. Sinuosità e perlescenze marine, vibrazioni coralline, squamature argentee emergono ad ondate nell’idea magari di un’orata in crosta di sale o di un branzino al cartoccio. Permane intorno il ricordo di pacifici isolotti esotici, chiassose pescherie di paese o vigorose profondità mediterranee.


Robusta ed acerba s’inserisce sul palato, ballando sulle gengive e pizzicando nella gola, l’aspra presenza delle scorze di limone in ascendenze e freschezze di tonalità verde cinabro; una pulizia della bocca affidata ai giallo-verdi che scuriscono agli estremi in corrispondenza del retrogusto amaro ed acre dell’agrume, spingendosi a volte però fino ad assaggi biancastri, coniugazioni con altre pietanze, forse un po’ di zucchero di limonata. . .




È poi tempo di dessert, di voluttuosi cedimenti.
Predisposto al rapimento il riguardante arriva al vertice del desiderio risvegliato dalle glasse al cioccolato pasticciate ed aromatizzate tra nocciole e petali di rosa, e crede di morire di sapore davanti alle paste stemperate sulla tela, annodate e liberate in accenti purpurei, succose da non riuscire a trattenere la salivazione profumata, sensuali da sciogliere le inibizioni e spingere ad affondi di mani oltre che d’occhi nella superficie materica fin quasi al bassorilievo.


Resta un momento ancora da gustare.
È l’ora della condivisione o piuttosto del raccoglimento. È una concessione che funge da prolungamento della piacevole esperienza, quando a radunare tutti gli aromi assaporati si indugia nella scelta di una chiusura, prima del sipario sull’ultimo atto.
L’animo, calmato e disteso, scivola in trasparenze e velature dalle nuances tenui e fiorite di filtri e liquori (distillati), come a completare l’incanto di una malia cha ha deciso di subire consenziente; pg procede nello spazio della tela per spatolature chighiniane, delicate, come sovrapposizioni di elisir di sottobosco: grappa al mirtillo, acquavite alle more, sidro, siero di prugna, vinaccia . . . A fine percorso dunque ci si desta dall’incantesimo illusivo di questa pittura che riesce attraverso un linguaggio immaginifico a restituire percezioni non visive, e si deve comprendere e tenere a mente la particolare e non semplice sottigliezza di poter intendere e tradurre nel codice pittorico questioni astratte, sensazioni fisiche assolutamente non figurative. È un cosmo ardente, poetico e sensorio quello di pg, capace di riempire gli occhi e di lasciarci affamati.   

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